La storia della suggestiva e singolare location dell’iniziativa affonda le proprie radici nel XIX secolo quando la capitale lombarda rappresentava il fulcro della Rivoluzione Industriale in Italia con le sue fiorenti industrie metalmeccaniche. A queste il 26 gennaio 1899 si aggiunse la Ditta Carminati, Toselli & C. che si specializzò nella produzione di materiale fisso e mobile per tramvie, ferrovie et similia, mercato allora ancora vergine ed in via di sviluppo. Nel 1907 la ditta si sciolse per costituirne una nuova con l’aggiunta di altri soci: la “Società Italiana Carminati Toselli”. Il ricostituito gruppo acquisì anche altri terreni e costruì nuovi edifici, allargandosi dall’iniziale via Messina alle vie Procaccini, Nono e Piazza Coriolano. In seguito, per circa un trentennio, la società milanese sarà l’azienda leader dei trasporti meneghini, subendo una battuta d’arresto soltanto durante la prima guerra mondiale. Nonostante il grande numero di operai impiegati (nel 1919 ben 1350) e il cospicuo ed efficiente servizio prestato al Comune, durante il Regime Fascista la ditta andò progressivamente in crisi, fino alla definitiva chiusura avvenuta nel 1935. Gli edifici furono poi ceduti ad altre imprese e subirono vicende alterne fino ai nostri giorni.
Quello che vediamo oggi, quindi, rappresenta un grande esempio di Archeologia Industriale riutilizzato grazie all’impegno del Comune di Milano per soddisfare varie esigenze. La Fabbrica del Vapore si connota come uno spazio pubblico (con una superficie complessiva di ben 30.000 mq) che si propone, tra gli altri scopi, di essere «una cerniera tra la formazione e il lavoro dei giovani artisti» come amano dire i patrocinatori del progetto.
Un’area multifunzionale che distribuisce equamente i propri spazi ad associazioni, all’organizzazione di happening, mostre, svariate iniziative di stampo culturale ed educativo, il tutto supportato da un’efficiente rete di servizi per il pubblico (bar, ristoranti, etc…).
Tra le iniziative più importanti “Spazi al Talento” promosso dal comune di Milano per incentivare e favorire lo sviluppo della creatività artistica in tutte le sue sfaccettature, progetto realizzato grazie al lavoro dei vari Concessionari vincitori del bando comunale.
Se si vuole riassumere, quindi, in una parola chiave la linea di tendenza della benemerita attività culturale della Fabbrica, questa è sicuramente multidisciplinarietà. Un sincretismo fra le arti in tutta sintonia con il titolo dell’evento che sarà promosso da ArtetrA.
Infatti è ben noto che The Factory (La Fabbrica) era il nome che Andy Warhol dava al suo studio (anzi più di uno) che l’artista americano aveva trasformato in un vero e proprio santuario profano. Un santuario dove si celebrava il culto della sua concezione artistica e dove in un’atmosfera orgiastica, una vera e propria “altra dimensione”, si sperimentavano tutte le forme artistiche. Dalla musica al cinema, dalla pittura alla scultura, Warhol aveva trasformato il proprio atelier in una sorta di “teatro-officina” dove ogni protagonista, gli artisti stessi, subivano un processo di reificazione.
Divenivano oggetti, simboli, icone riproducibili all’infinito. La Pop Art, in una sola definizione. Come ricorda Francesco Poli, insigne docente universitario e storico dell’Arte Contemporanea, il termine Pop Art fu «inventato dal critico inglese Lawrence Alloway per descrivere una nuova tendenza culturale che ha visto manifestarsi a Londra, il termine s’imporrà negli Stati Uniti, dove contrassegnerà un gruppo di pittori legati a immagini di massa».